2015

Tinho

L’opera di Walter Nomura aka Tinho cerca di stabilire con il visitatore un dialogo confidenziale e ci riporta ad una dimensione intima, quella dell’infanzia. Attraverso le suggestioni che i suoi disegni e gli enormi pupazzi evocano, ci trasmette l’inquietudine generata dalla vita contemporanea, la profonda alienazione e l’individualismo che contraddistinguono la vita negli spazi urbani celate dalla frenesia del nostro agire quotidiano. I suoi peluche, simbolo di innocenza e leggerezza perduta, ci inducono attraverso questa implicita denuncia ad una riflessione sul fine del nostro agire. La sua opera in primis è frutto di una scelta etica e morale: in un epoca in cui il calcolo economico genera fenomeni distruttivi per il nostro pianeta, come lo spreco delle risorse e la generazione di smisurate quantità di rifiuti, i suoi pupazzi sono creati utilizzando materiale di scarto tessile e vestiti riciclati. I libri rinvenuti nella caserma cospargono il pavimento e diventano il terreno sul quale siamo chiamati a camminare. Una raffigurazione in chiave simbolica di come la conoscenza e la cultura vengano assoggettate ogni giorno dal potere economico.

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The work of Walter Nomura, aka Tinho, attempts to create a personal dialogue with the viewer, bringing them back to an intimate time, that of their infancy. Through his evocative paintings and enormous dolls, he conveys the anxiety of contemporary life, the profound alienation and individualism that distinguish life in hidden urban spaces from the frenetic pace of everyday life. His dolls, symbols for innocence and lightness lost, guide us toward this implicit complaint and cause reflection on the end results of our actions. Above all, his work is the fruit of a moral and ethical choice: in an era where economics create phenomena that destroy our planet, such as the wasting of resources and the generation of huge amounts of trash, he creates his puppets using fabric scraps and used clothing. Books found in the barracks sprinkle the floor and become the terrain on which we are asked to walk, a symbolic representation of how our consciousness and culture undergo a daily assault by economic power.

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